domenica 10 marzo 2024
Camilian Demetrescu DACICA
APPUNTAMENTO ALL’INGRESSO DI PALAZZO MASSIMO Largo di Villa Peretti, 2 ROMA (stazione Termini)- confermare presenza su associazioneanagogia@gmail.com
La mostra “Camilian Demetrescu – DACICA” a cura di Cornelia Bujin è inserita nella mostra “DACIA – L’ultima frontiera della romanità” (21 novembre 2023 - 21 aprile 2024) presso il Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano, esposizione di reperti archeologici della Romania che abbraccia oltre millecinquecento anni, di storia dall’VIII sec. a.C. all’VIII sec. d.C. L’opera artistica di Camilian Demetrescu è intrinsecamente legata alla sua terra, ma oltrepassa il tempo storico, lineare e cronologico, verso una dimensione “Cosmica” e “Mitica”. Le sue sculture ricercano il segno di “un antico tessuto” nella tradizione romena . Tredici sono le opere esposte dedicate ed ispirate al tema della mitologia dacica, di cui dieci al primo piano di Palazzo Massimo mentre le due Maschere di Zalmoxis dedicate al dio dei Daci, sono presenti una alle Terme di Diocleziano nella mostra “DACIA – L’ultima frontiera della romanità ed una alla GNAM
Sono “icone-simboli” che alludono al dio dei Daci Zalmoxis, come la Maschera di Zalmoxis, Dacica, Dor – che in romeno indica “nostalgia di un amore lontano” Il legno di queste sculture evoca la terra e la tecnica di realizzazione rimanda alla costruzione degli strumenti musicali.
La nostalgia di un amore lontano
“Modellavo le forme con fogli sottili di legno, in sagome sinuose che io chiamavo Conchiglie, fermate su un pannello parietale o sospese in aria. Oggetti intermediari tra pittura e scultura che respiravano lo spazio con voluttà, rasserenando le pareti su cui erano esposti.”
Dalla Biennale di Venezia del 1970 al Festival di Spoleto, queste opere rappresentano la testimonianza di una ricerca che Demetrescu stesso così definì :
Sono “icone-simboli” che alludono al dio dei Daci Zalmoxis, come la Maschera di Zalmoxis, Dacica, Dor – che in romeno indica “nostalgia di un amore lontano” Il legno di queste sculture evoca la terra e la tecnica di realizzazione rimanda alla costruzione degli strumenti musicali.
La nostalgia di un amore lontano
“Modellavo le forme con fogli sottili di legno, in sagome sinuose che io chiamavo Conchiglie, fermate su un pannello parietale o sospese in aria. Oggetti intermediari tra pittura e scultura che respiravano lo spazio con voluttà, rasserenando le pareti su cui erano esposti.”
Dalla Biennale di Venezia del 1970 al Festival di Spoleto, queste opere rappresentano la testimonianza di una ricerca che Demetrescu stesso così definì :
“sentivo di partecipare ad una specie di yoga della materia che trascendeva la logica delle forme convenzionali. Questa metafisica della scultura mi attirava senza rendermi conto quanto in essa fosse puro gioco formale e quanto autentica spiritualità.”
ANAGOGIA APS - ARTE LINGUAGGIO COMUNICAZIONE PER LA PROMOZIONE DELL’ ALTRO
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