“IL CALENDARIO DI ALFREDO CATTABIANI”
di GIUSEPPE SERMONTI
«Mi chiese una volta una signora:”Vorrei parlare al mio bambino di Dio. Da dove posso cominciare?”
“Cominci a raccontargli il Calendario.”
La signora si stupì. Quel monotono elenco di giorni, di lune, di nomi che cosa poteva avere a che fare con il Signore? Il Signore è dall’eterno lo stesso. Ma la Sua opera si compie, si consuma, si rinnova. Ritorna eguale a se stessa perché ricomincia sempre, ed è eterna perché è circolare. In un cerchio ogni punto è il principio e la fine.
In questo magico cerchio c’è la storia del Figlio di Dio, la storia dell’Uomo, la storia della nostra terra. Da esso, scrive Cattabiani, emergono “libri sacri, tradizioni, simboli e leggende”. Storie terrene e anche celesti, perché l’anno è scandito dai moti della Luna intorno alla Terra, della Terra intorno al Sole e del Sole nelle case dello Zodiaco. Nella Genesi si narra che Dio diede all’uomo, insieme alla luce del giorno e della notte,… il Calendario. Dice infatti il Signore, dopo aver creato sole e luna: “… siano segni dei tempi, dei giorni e degli anni,” …cioè un calendario.
Il Calendario si distingue da ogni altro libro, sia questo astronomico o storico, perché in esso gli avvenimenti del cielo sono sincronizzati a quelli della terra, e noi siamo invitati a ripercorrere la nostra storia mondana, seguendola nel cielo. Un bimbo nasce, è l’aurora; un vecchio declina, è il tramonto. Più alla grande, è il solstizio invernale (intorno a Natale), che nello stesso tempo è il declino del sole e la sua rinascita. E questo è il messaggio più misterioso e più consolante che ci viene dal cielo, che la morte coincide con la rinascita.
Nell’invitarci a intraprendere “un viaggio nel calendario”, Cattabiani comincia a chiedersi: da dove cominciare?
Cominciare, come lo Zodiaco, dal segno dell’Ariete? Ma lo Zodiaco è troppo antico, troppo paganeggiante, troppo volgarizzato in rubriche quotidiane.
Cominciare con la Pasqua? Ne verrebbe un calendario eccessivamente liturgico e confessionale.
Allora cominciare come il Sole, “dalla sua rinascita simbolica al solstizio d’inverno”. Questo è il modo tradizionale, popolare, e Cattabiani preferisce quello, incontrando sul percorso “le grandi feste che segnano i periodi forti dell’anno, ricostruendone le origini, il simbolismo, gli intrecci sincretistici, descrivendone usanze e riti, e non escludendo feste e memorie di santi…”, lasciando però fuori le feste civili, che parlano di ricorrenze troppo recenti, politiche e datate.
La scelta, e le sue giustificazioni, ci rivelano l’animo e il metodo di quel grande compositore che è stato Alfredo Cattabiani. Fedele dei messaggi celesti, ma non astrologo; debitore dell’antichità, ma non pagano; evangelico, ma non confessionale. Uno spirito libero e randagio, che ha viaggiato per strade solari e gloriose, senza disdegnare sentieri umili e appena tracciati.
Il cerchio che Cattabiani ci invita a percorrere non è poi così perfetto. E’ un percorso accidentato privo di un disegno sistematico, nel quale sono giustapposte feste e date astronomiche pagane e ricorrenze cristiane. La riforma del Concilio Vaticano II non lo ha migliorato. Anzi ha espunto santi amati dal popolo, come Cristoforo, patrono dei viandanti, o Santa Caterina d’Alessandria, protettrice delle sartine, o “caterinette”. Altri li ha trasferiti da un mese a un altro, a scapito della celebrazione paesana, delle migrazioni degli uccelli e dei proverbi. San Benedetto, spostato dal 21 marzo all’11 luglio, non dà più conto del ritornello: “San Benedetto, la rondine sotto il tetto”.
Il cerchio annuale, infine, con la venuta di Cristo, si è spezzato. Il tempo si è trasformato da ciclico in lineare, si è fatto “storico”, conservando però le simmetrie e le ripetizioni circolari delle antiche tradizioni.
Il Calendario di Cattabiani, pubblicato la prima volta 15 anni fa, nel 1988, quando Alfredo aveva cinquant’anni, appare ora postumo, in edizione ampliata e aggiornata, con una copertina dorata e solare e con un saluto da Santa Marinella, datato con la Festa di Sant’Antonio da Padova (13 giugno).
Per la sua ricchezza e vastità, non se ne può fare un riassunto né una sintesi. Commenterò soltanto la storia di un santo doppio, che più di tutte simboleggia la rotazione dell’anno, luce e oscurità, risa e lacrime, profezia e annuncio. San Giovanni.
Immaginate un cerchio tagliato dalle linee di una croce concentrica. E’ l’anno astronomico solare, disegnato dal compasso della Terra rotante. Su di esso, la linea orizzontale incontra i due dolci equinozi, quello autunnale a sinistra e quello primaverile a destra. La linea verticale incontra i due solenni solstizi: in alto quello invernale, intorno a Natale, con il giorno più corto; in basso quello estivo, con il giorno più lungo. Collochiamo su questi incontri verticali i due Giovanni.
San Giovanni Evangelista è in alto, vicino a Natale e al solstizio invernale, il 27 dicembre. E’ il “Giovanni che ride”: ride perché annuncia il Signore e le giornate che prendono a crescere.
San Giovanni Battista è in basso, il 24 di giugno, ai piedi della croce. E’ il “Giovanni che piange”: piange, nonostante la sua giornata sia la più lunga e il sole risplenda più radioso. Piange perché a lui tocca diminuire e scomparire, come simboleggia la sua testa mozzata. Tra le lacrime del Battista appare però un sorriso: “Egli (il Cristo) deve crescere e io diminuire.”
I due solstizi erano già in epoca pre-cristiana chiamate le due “porte” dell’anno. La porta estiva, quella che sarà del Battista, era detta la “porta degli uomini”, perché attraverso di essa si entrava nel mondo delle manifestazioni individuali. Quella invernale era chiamata la “porta degli dei” perché apriva al mondo superiore.
A proposito di porte, in latino “porta” si dice “janua”, da cui viene “januarius”, gennaio, il mese che apre l’anno, còmpito che sarà dell’Evangelista. Il maschile di janua è janus, ovvero Giano, appunto, il dio delle porte. “Cantate in onore di lui, – esortano i versi januli del carmen saliare, e lo chiamano: il padre degli dei. Sacrificate al dio degli inizi.”
Giano è bifronte, con un volto da vecchio ed uno da giovane. Signore dei solstizi, protettore delle porte, ha le funzioni dei due Giovanni evangelici. Benché il suo nome abbia assonanza con quello di Giovanni o Gianni, Cattabiani, seguendo Guenon, considera non documentata l’idea che le feste cristiane dei Giovanni derivino da quelle pagane di Giano. Cristo stesso è una porta, ci ricorda Cattabiani, citando un cartiglio francese del XV secolo, dove il monogramma di Cristo sovrasta un busto di Giano bifronte. Dice Cristo, nel Vangelo di Giovanni, “Io sono la porta. Se uno entra attraverso di me, sarà salvo, entrerà e uscirà, e troverà pascolo.”
Il Giovanni più celebrato è il Battista, forse perché l’altro è troppo vicino al Cristo, mentre il piangente Gli è calendariamente opposto. Nella leggenda popolare siciliana del “Lago sfondato” questa opposizione è così marcata: Giovanni è giudice severo e intransigente del piccolo illecito amoroso (manda all’inferno padrino e figlioccia che si baciano), mentre Cristo giudica con pietà e con dolcezza, fino a neutralizzare i giudizi di Giovanni. Come narra la leggenda, egli non potrà più emettere sentenze per tutto il giro dell’anno, salvo nel giorno della sua festa, nel quale il Signore lo fa cadere nel sonno. E il popolo si consente le sue marachelle amorose con la rassicurazione: “Godete, non temete, Giuanni dorme”.
Tutte le feste del solstizio estivo - Cattabiani ce le descrive ampiamente - hanno la funzione di proteggere il creato, che Giovanni introduce nella “caverna cosmica”. All’uscita opposta, in fondo all’anno, è la luce di Cristo con il Suo evangelista. I falò, le torce accese, le ruote infuocate, che si facevano ruzzolare lungo i pendii, nel giorno di San Giovanni, servivano a cacciare demoni e streghe, a prevenire le malattie. In un certo senso, aggiungerei io, a neutralizzare il burbero profeta, dalla sentenza facile, vestito di stracci, con capelli e barba incolti, come ce lo rappresenta il vangelo. Il giorno di San Giovanni, il 24 giugno, è per gli inglesi il Midsummer Day, giorno di mezz’estate, in cui visibile e invisibile si compenetrano, nel cielo volano sciami di streghe, sogno e realtà si confondono, come nel “Sogno di una notte di mezz’estate” di Shakespeare. E’ giorno di scongiuri, di sortilegi e di presagi.
San Giovanni Battista è una porta dell’anno, un contro-Capodanno, opposto, nel cerchio dell’anno solare, al Capodanno invernale, che si estende per dodici giorni dal Natale all’Epifania. Per certi aspetti corrisponde al capodanno di gennaio (vi si traggono presagi e divinazioni), per altri vi si oppone. E’ inizio ed è fine.
E’ comunque un tempo forte, di quelli che nutrono di significato il corso dell’anno, e lo traggono fuori dalla monotonia dei giorni burocratici, delle festività come vacanze, come “vuoti”, delle mensilità come scadenze salariali, delle annualità come termini di bilancio.
Il Calendario di Cattabiani è un lungo affresco che colma i giorni dell’anno di feste e miti, di leggende e riti. E va avanti, pagina per pagina, narrando storie antiche, vite di santi, atti di fede, spargendo odore di pane, sentore di mosto, profumo di rose mariane. Porta così testimonianza del mistero per cui ogni giorno, ogni oggi, è il centro e nello stesso tempo è fine e principio, alfa ed omèga. Porta cioè testimonianza di Dio, che è immenso ed è in ciascun luogo, in ognuno di noi. “Per il fedele – ci spiega Cattabiani – trascorrere liturgicamente l’anno significa passare il tempo in sintonia con la vita misterica del Cristo.”
Ecco perché, alla signora, che mi chiedeva come cominciare a parlare di Dio al suo bambino, risposi:
“Legga il Calendario di Cattabiani.”»
(Giuseppe Sermonti, dicembre 2003, presentazione postuma del "Calendario" a Civitavecchia)
di GIUSEPPE SERMONTI
«Mi chiese una volta una signora:”Vorrei parlare al mio bambino di Dio. Da dove posso cominciare?”
“Cominci a raccontargli il Calendario.”
La signora si stupì. Quel monotono elenco di giorni, di lune, di nomi che cosa poteva avere a che fare con il Signore? Il Signore è dall’eterno lo stesso. Ma la Sua opera si compie, si consuma, si rinnova. Ritorna eguale a se stessa perché ricomincia sempre, ed è eterna perché è circolare. In un cerchio ogni punto è il principio e la fine.
In questo magico cerchio c’è la storia del Figlio di Dio, la storia dell’Uomo, la storia della nostra terra. Da esso, scrive Cattabiani, emergono “libri sacri, tradizioni, simboli e leggende”. Storie terrene e anche celesti, perché l’anno è scandito dai moti della Luna intorno alla Terra, della Terra intorno al Sole e del Sole nelle case dello Zodiaco. Nella Genesi si narra che Dio diede all’uomo, insieme alla luce del giorno e della notte,… il Calendario. Dice infatti il Signore, dopo aver creato sole e luna: “… siano segni dei tempi, dei giorni e degli anni,” …cioè un calendario.
Il Calendario si distingue da ogni altro libro, sia questo astronomico o storico, perché in esso gli avvenimenti del cielo sono sincronizzati a quelli della terra, e noi siamo invitati a ripercorrere la nostra storia mondana, seguendola nel cielo. Un bimbo nasce, è l’aurora; un vecchio declina, è il tramonto. Più alla grande, è il solstizio invernale (intorno a Natale), che nello stesso tempo è il declino del sole e la sua rinascita. E questo è il messaggio più misterioso e più consolante che ci viene dal cielo, che la morte coincide con la rinascita.
Nell’invitarci a intraprendere “un viaggio nel calendario”, Cattabiani comincia a chiedersi: da dove cominciare?
Cominciare, come lo Zodiaco, dal segno dell’Ariete? Ma lo Zodiaco è troppo antico, troppo paganeggiante, troppo volgarizzato in rubriche quotidiane.
Cominciare con la Pasqua? Ne verrebbe un calendario eccessivamente liturgico e confessionale.
Allora cominciare come il Sole, “dalla sua rinascita simbolica al solstizio d’inverno”. Questo è il modo tradizionale, popolare, e Cattabiani preferisce quello, incontrando sul percorso “le grandi feste che segnano i periodi forti dell’anno, ricostruendone le origini, il simbolismo, gli intrecci sincretistici, descrivendone usanze e riti, e non escludendo feste e memorie di santi…”, lasciando però fuori le feste civili, che parlano di ricorrenze troppo recenti, politiche e datate.
La scelta, e le sue giustificazioni, ci rivelano l’animo e il metodo di quel grande compositore che è stato Alfredo Cattabiani. Fedele dei messaggi celesti, ma non astrologo; debitore dell’antichità, ma non pagano; evangelico, ma non confessionale. Uno spirito libero e randagio, che ha viaggiato per strade solari e gloriose, senza disdegnare sentieri umili e appena tracciati.
Il cerchio che Cattabiani ci invita a percorrere non è poi così perfetto. E’ un percorso accidentato privo di un disegno sistematico, nel quale sono giustapposte feste e date astronomiche pagane e ricorrenze cristiane. La riforma del Concilio Vaticano II non lo ha migliorato. Anzi ha espunto santi amati dal popolo, come Cristoforo, patrono dei viandanti, o Santa Caterina d’Alessandria, protettrice delle sartine, o “caterinette”. Altri li ha trasferiti da un mese a un altro, a scapito della celebrazione paesana, delle migrazioni degli uccelli e dei proverbi. San Benedetto, spostato dal 21 marzo all’11 luglio, non dà più conto del ritornello: “San Benedetto, la rondine sotto il tetto”.
Il cerchio annuale, infine, con la venuta di Cristo, si è spezzato. Il tempo si è trasformato da ciclico in lineare, si è fatto “storico”, conservando però le simmetrie e le ripetizioni circolari delle antiche tradizioni.
Il Calendario di Cattabiani, pubblicato la prima volta 15 anni fa, nel 1988, quando Alfredo aveva cinquant’anni, appare ora postumo, in edizione ampliata e aggiornata, con una copertina dorata e solare e con un saluto da Santa Marinella, datato con la Festa di Sant’Antonio da Padova (13 giugno).
Per la sua ricchezza e vastità, non se ne può fare un riassunto né una sintesi. Commenterò soltanto la storia di un santo doppio, che più di tutte simboleggia la rotazione dell’anno, luce e oscurità, risa e lacrime, profezia e annuncio. San Giovanni.
Immaginate un cerchio tagliato dalle linee di una croce concentrica. E’ l’anno astronomico solare, disegnato dal compasso della Terra rotante. Su di esso, la linea orizzontale incontra i due dolci equinozi, quello autunnale a sinistra e quello primaverile a destra. La linea verticale incontra i due solenni solstizi: in alto quello invernale, intorno a Natale, con il giorno più corto; in basso quello estivo, con il giorno più lungo. Collochiamo su questi incontri verticali i due Giovanni.
San Giovanni Evangelista è in alto, vicino a Natale e al solstizio invernale, il 27 dicembre. E’ il “Giovanni che ride”: ride perché annuncia il Signore e le giornate che prendono a crescere.
San Giovanni Battista è in basso, il 24 di giugno, ai piedi della croce. E’ il “Giovanni che piange”: piange, nonostante la sua giornata sia la più lunga e il sole risplenda più radioso. Piange perché a lui tocca diminuire e scomparire, come simboleggia la sua testa mozzata. Tra le lacrime del Battista appare però un sorriso: “Egli (il Cristo) deve crescere e io diminuire.”
I due solstizi erano già in epoca pre-cristiana chiamate le due “porte” dell’anno. La porta estiva, quella che sarà del Battista, era detta la “porta degli uomini”, perché attraverso di essa si entrava nel mondo delle manifestazioni individuali. Quella invernale era chiamata la “porta degli dei” perché apriva al mondo superiore.
A proposito di porte, in latino “porta” si dice “janua”, da cui viene “januarius”, gennaio, il mese che apre l’anno, còmpito che sarà dell’Evangelista. Il maschile di janua è janus, ovvero Giano, appunto, il dio delle porte. “Cantate in onore di lui, – esortano i versi januli del carmen saliare, e lo chiamano: il padre degli dei. Sacrificate al dio degli inizi.”
Giano è bifronte, con un volto da vecchio ed uno da giovane. Signore dei solstizi, protettore delle porte, ha le funzioni dei due Giovanni evangelici. Benché il suo nome abbia assonanza con quello di Giovanni o Gianni, Cattabiani, seguendo Guenon, considera non documentata l’idea che le feste cristiane dei Giovanni derivino da quelle pagane di Giano. Cristo stesso è una porta, ci ricorda Cattabiani, citando un cartiglio francese del XV secolo, dove il monogramma di Cristo sovrasta un busto di Giano bifronte. Dice Cristo, nel Vangelo di Giovanni, “Io sono la porta. Se uno entra attraverso di me, sarà salvo, entrerà e uscirà, e troverà pascolo.”
Il Giovanni più celebrato è il Battista, forse perché l’altro è troppo vicino al Cristo, mentre il piangente Gli è calendariamente opposto. Nella leggenda popolare siciliana del “Lago sfondato” questa opposizione è così marcata: Giovanni è giudice severo e intransigente del piccolo illecito amoroso (manda all’inferno padrino e figlioccia che si baciano), mentre Cristo giudica con pietà e con dolcezza, fino a neutralizzare i giudizi di Giovanni. Come narra la leggenda, egli non potrà più emettere sentenze per tutto il giro dell’anno, salvo nel giorno della sua festa, nel quale il Signore lo fa cadere nel sonno. E il popolo si consente le sue marachelle amorose con la rassicurazione: “Godete, non temete, Giuanni dorme”.
Tutte le feste del solstizio estivo - Cattabiani ce le descrive ampiamente - hanno la funzione di proteggere il creato, che Giovanni introduce nella “caverna cosmica”. All’uscita opposta, in fondo all’anno, è la luce di Cristo con il Suo evangelista. I falò, le torce accese, le ruote infuocate, che si facevano ruzzolare lungo i pendii, nel giorno di San Giovanni, servivano a cacciare demoni e streghe, a prevenire le malattie. In un certo senso, aggiungerei io, a neutralizzare il burbero profeta, dalla sentenza facile, vestito di stracci, con capelli e barba incolti, come ce lo rappresenta il vangelo. Il giorno di San Giovanni, il 24 giugno, è per gli inglesi il Midsummer Day, giorno di mezz’estate, in cui visibile e invisibile si compenetrano, nel cielo volano sciami di streghe, sogno e realtà si confondono, come nel “Sogno di una notte di mezz’estate” di Shakespeare. E’ giorno di scongiuri, di sortilegi e di presagi.
San Giovanni Battista è una porta dell’anno, un contro-Capodanno, opposto, nel cerchio dell’anno solare, al Capodanno invernale, che si estende per dodici giorni dal Natale all’Epifania. Per certi aspetti corrisponde al capodanno di gennaio (vi si traggono presagi e divinazioni), per altri vi si oppone. E’ inizio ed è fine.
E’ comunque un tempo forte, di quelli che nutrono di significato il corso dell’anno, e lo traggono fuori dalla monotonia dei giorni burocratici, delle festività come vacanze, come “vuoti”, delle mensilità come scadenze salariali, delle annualità come termini di bilancio.
Il Calendario di Cattabiani è un lungo affresco che colma i giorni dell’anno di feste e miti, di leggende e riti. E va avanti, pagina per pagina, narrando storie antiche, vite di santi, atti di fede, spargendo odore di pane, sentore di mosto, profumo di rose mariane. Porta così testimonianza del mistero per cui ogni giorno, ogni oggi, è il centro e nello stesso tempo è fine e principio, alfa ed omèga. Porta cioè testimonianza di Dio, che è immenso ed è in ciascun luogo, in ognuno di noi. “Per il fedele – ci spiega Cattabiani – trascorrere liturgicamente l’anno significa passare il tempo in sintonia con la vita misterica del Cristo.”
Ecco perché, alla signora, che mi chiedeva come cominciare a parlare di Dio al suo bambino, risposi:
“Legga il Calendario di Cattabiani.”»
(Giuseppe Sermonti, dicembre 2003, presentazione postuma del "Calendario" a Civitavecchia)
tratto dalla pagina facebook "Alfredo Cattabiani"